Riprendo un testo di Judikael Hirel (traduzione di Roberta Sciamplicotti; sources: ALETEIA) come minima forma di solidarietà con i cristiani irakeni.
«Siamo tutti cristiani iracheni! Per la prima volta da circa
duemila anni non c'è alcun cristiano a Mosul. I cristiani iracheni, discendenti
diretti degli assiro-caldei, hanno dovuto scegliere tra la morte e l'esilio
dopo l'ultimatum dei fanatici dell'ISIL.
Prima di far loro scegliere tra la conversione, l'imposta,
la fuga o la morte, gli islamisti hanno iniziato a marcare tutte le case dei
cristiani con un ن,
spesso inscritto in un cerchio.
Questo simbolo è di fatto una lettera dell'alfabeto arabo,
il “nome”, che corrisponde alla “N” dell'alfabeto latino, una N per “Nasarah”,
ovvero nazareno, il termine peggiorativo con cui sono designati i cristiani nel
Corano.
Una volta esiliati, tutti i loro beni sono diventati alla
mercé dei “buoni credenti” che sono i jihaidisti dell'ISIL. Dietro le
motivazioni religiose, la voglia di denaro e potere non è mai lontana.
Questi segni sulle case prima di espropriarle dopo averne
ucciso i proprietari ricordano l'azione dei nazisti negli anni Trenta del
Novecento nei confronti della comunità ebraica; quegli altri pazzi estremisti
dipingevano allora stelle di David sulle vetrine.
I cristiani, ma anche i musulmani di Baghdad, si sono
riuniti con striscioni con su scritto “Sono iracheno, sono cristiano”, per far
reagire chi governa.
A sostegno ai cristiani iracheni perseguitati
nell'indifferenza più totale, di fronte al dramma ucraino e al conflitto
israelo-palestinese, i cristiani di tutto il mondo sono chiamati a mostrare
questo simbolo – ن –
nelle reti sociali.
Per venerdì 25 luglio è stata inoltre organizzata una
giornata di preghiera e digiuno per i nostri fratelli cristiani perseguitati
per la loro fede in Cristo, soprattutto in Iraq.
“Da tempo veniamo a conoscenza, giorno dopo giorno, delle
persecuzioni estremamente dure che vivono i cristiani iracheni – spiegano gli
organizzatori –. Questo deve farci rendere conto del fatto che essere cristiani
significa, presto o tardi, partecipare alla croce di Cristo”.
I cristiani perseguitati, aggiungono, vivono tutto sulla
propria carne. È necessario unirsi a loro per la preghiera e il digiuno questo
venerdì».
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