Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2015

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2015
«Dammi un po’ d’acqua da bere»
Giovanni 4,7

La data tradizionale per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nell’emisfero nord, va dal 18 al 25 gennaio, data proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico. Nell’emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date, per esempio nel tempo di Pentecoste (come suggerito dal movimento Fede e Costituzione nel 1926), periodo altrettanto simbolico per l’unità della Chiesa.

INTRODUZIONE TEOLOGICO-PASTORALE
Chiunque beve di quest’acqua ...
Viaggio, sole cocente, stanchezza, sete… «Dammi un po’ d’acqua da bere». Questa è una delle richieste primarie di tutti gli esseri umani. Dio, che diviene umano in Cristo (cfr. Gv 1, 14) e svuota Se stesso per condividere la nostra umanità (cfr. Fil 2, 6-7) è capace di chiedere alla donna samaritana: «Dammi un po’ d’acqua da bere» (Gv 4, 7). Al contempo, questo Dio che viene ad incontrarci, offre l’acqua viva: «[…] l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente che dà la vita eterna» (Gv 4, 14).
L’incontro fra Gesù e la Samaritana ci invita ad assaporare l’acqua da diversi pozzi e anche a offrirne un poco della nostra. Nella diversità, infatti, tutti ci arricchiamo vicendevolmente. La Settimana per l’unità dei cristiani è un momento privilegiato di preghiera, di incontro e di dialogo. È l’occasione per riconoscere la ricchezza e il valore presenti negli altri, in chi è diverso da noi, e per chiedere a Dio il dono dell’unità.
Un proverbio brasiliano recita così: «Chiunque beve di quest’acqua, ritorna» ed è usato quando un visitatore si congeda. Un refrigerante bicchiere d’acqua, di chimarrão[1], di caffè o di tereré[2] sono segni di accoglienza, dialogo e coesistenza. Il gesto biblico di offrire acqua a chiunque arrivi  (cfr. Mt 10, 42) è un modo di dare il benvenuto e di condividere, ed è una usanza diffusa in tutte le regioni del Brasile.
Lo studio e la riflessione proposti in questo testo della Settimana intendono essere un aiuto ai fedeli e alle comunità perché realizzino la dimensione dialogica e unitaria del piano di Gesù: il Regno di Dio.
Il testo presenta l’importanza per ciascuno di noi di conoscere e comprendere la propria identità, cosicché l’identità dell’altro non sia vista come una minaccia. Se non ci sentiremo minacciati, saremo in grado di sperimentare la complementarità dell’altro. Nessuna persona, nessuna cultura da sola sono sufficienti! Pertanto, l’immagine che appare dalle parole «Dammi un po’ d’acqua da bere» è un’immagine che parla di complementarità: bere l’acqua dal pozzo di qualcun altro è il primo passo per sperimentarne il modo di essere e giungere ad uno scambio di doni che arricchisce. Laddove i doni degli altri vengono rifiutati, viene causato molto danno alla società e alla Chiesa.
Nel testo di Giovanni 4, Gesù è il forestiero che arriva stanco e assetato. Ha bisogno di aiuto e chiede dell’acqua. La donna si trova nella sua terra; il pozzo appartiene alla sua gente, alla sua tradizione. È lei che tiene il secchio e ha accesso all’acqua. Ma anche lei è assetata. I due si incontrano e quell’incontro offre un’opportunità inattesa per entrambi. Gesù non cessa di essere Ebreo perché ha bevuto dall’acqua offerta dalla Samaritana, e lei rimane ciò che è mentre abbraccia la via di Gesù. Quando riconosciamo che tutti abbiamo delle necessità, la complementarità prende corpo nella nostra vita in un modo più ricco. «Dammi un po’ d’acqua da bere» presuppone che sia Gesù sia la Samaritana chiedano ciò di cui hanno bisogno l’uno dall’altra.  «Dammi un po’ d’acqua da bere» ci insegna a riconoscere che le persone, le comunità,  le culture, le religioni e le etnie hanno bisogno le une delle altre e ci insegna a ricevere ciò che è prezioso per il bene dell’umanità e della sua salvezza.
«Dammi un po’ d’acqua da bere» implica un impegno etico che riconosca il bisogno gli uni degli altri per realizzare la missione della Chiesa. Ci spinge a cambiare il nostro atteggiamento, ad impegnarci nel cercare l’unità nella nostra diversità, aprendoci ad una varietà di forme di preghiera e di spiritualità cristiana.

[1] Il chimarrão è una bevanda tradizionale del Sud del Brasile, un infuso preparato con le foglie secche di erba mate; è usanza molto diffusa berlo assieme a famigliari e amici.
[2]Il principio è simile al chimarrão, ma invece di utilizzare l’acqua bollente, il tereré si prepara con l’acqua fredda



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